La sarta milanese con il salotto letterario

Iride Bellenghi

Iride nacque a Milano nel 1910 da una famiglia borghese dove lavorava solo il padre, ottimo "notaro", il Dott. Amerigo Bellenghi. La madre era sempre "malaticcia", sempre affetta da mille acciacchi, frequentatrice di molti medici, paranoica, assumeva molte pillole, spesso ordinate dal medico di fiducia che avevano su di lei un effetto placebo. Unica persona solare di questa famiglia, era lo zio Arnaldo, fratello della mamma, era un artista, pittore squattrinato ma almeno pieno di vita. Iride - il nome fu suggerito dallo zio — e sempre quest'ultimo la teneva spesso in braccio per farla scarabocchiare su una lavagnetta del telefono a muro. Iride iniziò a disegnare. Tutte le bambole che le venivano regalate, venivano subito spogliate e con ritagli di stoffa, ago e filo, venivano rivestite con abitini molto originali.

Diventata più grande cominciò a disegnare abiti per le amiche. Tutte le chiedevano un abito! Sì vestiva sempre a modo suo e per questo le persone l'ammiravano. A venticinque anni, tutti la spinsero a tirar su un atelier e con i soldi del padre, notaio, aprì un piccolo m elegante atelier in una galleria. Era il 1935 ed Iride amava tutto dell'arte. Anni difficili ed affollati di eventi tragici si preparavano in Italia, ma lei era completamente distratta dalla vita che aveva intrapreso, aprì l'atelier agli artisti, molti di questi conosciuti con lo zio Arnaldo, antifascista. Creò per prima a Milano un piccolo salotto letterario nella sua boutique. La guerra arrivò ed i suoi amici artisti si rifugiavano da lei per parlare in libertà senza paura di rappresaglie. Iride, tolto un amoretto che lasciò quando la frenesia di diventare un sarta d'altra moda la distrasse da tutto, rimase sola. Tra i frequentatori del suo salotto, un giorno arrivò l'elegante e raffinato Glauco Verri, noto antiquario di Corso Venezia. Tra i due nacque una simpatia e a guerra finita, nel 1946, si sposarono. Presero un grande appartamento in via Larga e cominciò un felice periodo di convivenza. Glauco ed capirono che la cosiddetta camera in anticipo di alcuni decenni Iride matrimoniale era un fatto troppo comune per due persone così particolari come loro. E così decisero di dividere almeno durante il sonno, le proprie solitudini. La loro casa era molto affascinante, piena di mobili d'epoca come piena di gente che arrivava all'improvviso senza "preavviso". Un giorno Glauco portò a casa per pranzo, un giovane attore del cinema che veniva da Roma. Arrivato in motocicletta.

Glauco ne era entusiasta. Si chiamava Leandro Paolini. Un Rossano Brazzi di serie B. Si trovò talmente bene che rimase loro ospite per quasi tre mesi, lamentandosi fintamente, che gli era saltato un film. Iride vide spesso questo rapporto a tre molto avanti per la rigorosa borghesia milanese e ne andò fiera. Mentre tutta Milano li chiamava il "Trio Lescano", Iride aveva sempre più successo nel suo lavoro. Le sue clienti erano tutte donne ricche e, nonostante le apparenze, nel loro intimo le invidiavano il suo "ménage" così fuori tempo. Non avere un abito di Iride Bellenghi, voleva dire essere fuori dal giro. Nel frattempo nell'appartamento di via Larga, non erano tutte rose e fiori. Un giorno trovò Glauco e Leandro nudi nella grande vasca da bagno che si Iride, imperturbabile disse loro solo di chiudersi a facevano gli "scherzetti" chiave, sennò alla povera cameriera Erminia le poteva venire un colpo. Tutto questo sorridendo sempre, per ritirarsi elegantemente nelle proprie stanze. Vissero in armonia per molti anni. Anche i pettegolezzi si dissolsero come nuvole. I tempi erano cambiati. Il destino però era in agguato. Glauco e Leandro in una giornata di sole, andando verso il lago di Como furono coinvolti in un incidente morendo entrambi sul colpo, proprio come due ragazzi. Iride li aveva sempre chiamati "i miei ragazzi". Iride non mostrò mai a nessuno il proprio dolore. Salottiera ed elegante seguitò a vivere. Solo la sua Governante Erminia la sentiva piangere nella sua stanza.