L'ispiratrice dei poeti

Elettra De Matteis

Molto prima dell'arrivo del nuovo secolo, il novecento, i fiorentini sentirono il bisogno di avere una grande piazza che fosse centro di grandi attività. Nel centro di Firenze c'era una specie di Ghetto che andava demolito, composto da vicoli, stradine, piccole botteghe e quindi si decise di abbatterlo e si cominciò a progettare questa importante piazza. Il sindaco di quel periodo, davanti a quelle rovine, un po' tristi, sapendo che ci sarebbe stato molto tempo da attendere prima della ricostruzione, ebbe un'idea che piacque molto ai fiorentini. Chiamò artisti e artigiani a prendere queste spazio ed a farne un bazar di oggetti, di quadri, di mobili antichi il tutto protetto da tende indiane e tappeti persiani. Se ne parlò molto di questa idea un vero successo.

La famiglia De Matteis era composta dal padre Ulisse con la seconda moglie Veronica, quattro figlie e due maschi, e tutti e otto dipingevano. Il vecchio padre, Ulisse, era il padrone di un forno che forniva a chiese e ville, vetrate dipinte a mano, in puro stile preraffaellita, cotte e piombate. Nella parte figurativa prima della cottura dei vetri collaborava con lui un grande pittore Senese, RicciardoMeacci — allora molto amato dalla Regina Vittoria d'Inghilterra sua principale acquirente per la sua collezione privata. Le figlie di Ulisse e Veronica erano molto belle e forse l'aria di quella casa così eccentrica, artistica, le rendeva molto invidiate. Erano ragazze diverse da tutte le altre coetanee. La più originale era Elettra; appena sedicenne, stufa di subire ogni mattina i colpi di spazzola della mamma, si tagliò di nascosto i capelli e ne fece una zazzeretta, e tra se e se pensò: Non dovrò più aspettare che la mamma mi pettini e per fare in fretta non mi tirerà più ci capelli e così non soffrirò più". Si mise il cappello come tutti i giorni incamminandosi verso la scuola. Il suo cappello sembrava una cupola larga che gli scendeva sugli occhi impedendole di vedere dove metteva i piedi. Un'altra cosa che le dava fastidio erano le gonne. Che noia! Tutti i ragazzi della scuola allegramente la presero in giro e le "amiche" misero in giro la voce che i suoi capelli erano stati tagliati per colpa dei pidocchi. E comunque a casa nessuno si inquietò, perché come detto prima tutti pensavano ad altro. Quando i fratelli finirono gli studi necessari, nessuno volle continuare e siccome come si diceva allora: "Otto bocche da sfamare", il vecchio Ulisse andò dal Direttore degli Uffizi e gli propose di portare la famiglia, a dipingere miniature copiando dai grandi pittori del Rinascimento, madonne, donne, veneri, putti eccetera. Infondo erano cose che piacevano molto turisti. Il direttore disse di fare una prova e tutti e sei con i loro cavalletti si dispersero nelle varie sale, ognuna scegliendo quello che volevano ritrarre. Fu subito successo. La vita per questa famiglia divenne più semplice.

Elettra

Autoritratto

Nel 1902 si sparse la voce che ha Firenze sarebbero arrivati lo Zar di Russia, Nicola con la Zarina ed un piccolo seguito per visitare Firenze e gli Uffizi. Naturalmente il museo quel giorno sarebbe stato chiuso al pubblico. I De Matteis andarono dal Direttore e dissero, "Anche noi andiamo a casa domani?" Il direttore ci pensò un attimo e rispose;: "No rimanete. Disponetevi nelle sale come niente fosse, il museo sarà più piacevole a vedersi." Quando lo Zar Nicola con un codazzo di persone entrò nel museo fece il giro di tutte le sale. La Zarina invece con le Contesse e la moglie del Direttore seguivano gli uomini a debita distanza. La Zarina fu entusiasta di Firenze e delle sue opere d'arte, vedendo disseminati nelle sale questi giovani pittori con i loro camici azzurri macchiati di colore che dipingevano silenziosamente. "Come sono belli i Fiorentini. Hanno una fisionomia così somigliante tra loro." Una contessa russa che viveva a Firenze e li conosceva sorridendo alla battuta della Zarina, disse: "Maestà appartengono alla stessa famiglia." La Zarina li volle conoscere e quando vide le vetrate a fuoco in stile Preraffaellita ne ordinò due grandi per lo scalone della sua Dacia nella campagna Moscovita. La famiglia De Matteis con l'aiuto del pittore Meacci, dipinse gli innumerevoli vetri che sarebbero andati a comporre le grandi vetrate della Zarina. Il tutto arrivò a Mosca tramite l'Oriente Express. Elettra, dopo questo fortunato episodio, cominciò a sentirsi stretta nella città di Firenze. Un giorno durante l'ora del pranzo, con tutta la famiglia seduta, ognuno al proprio posto, disse: "Ho deciso voglio andare a Parigi. Porterò il mio cavalletto e mi metterò a dipingere sulla Senna." In quel preciso istante, la mamma Veronica alzo gli occhi al cielo, il vecchio Ulisse sbiascicò qualche parola, e tutti i fratelli risero. Come al solito non ci fu nessun dramma e dopo un mese Elettra, costipata di bagagli, partì in treno per Parigi. Il Fratello Matteo, che possedeva una motocicletta, le disse sottovoce: "Tra un po' ti raggiungerò con la mia moto. Spediscimi l'indirizzo". Parigi le parve un paradiso. Tutte le mattine arrivava con il suo cavalletto e simetteva a dipingere sul lungo Senna. Era molto bella ed era anche l'unica donna che dipingeva sul marciapiede lungo il fiume. Faceva sempre ritratti ai bambini in cambio di tante caramelle. Un mattino di primavera, un signore molto elegante si fermò a guardare ciò che stava disegnando, non disse nulla e proseguì la sua passeggiata. Questo si ripeté moltissime volte senza che si scambiassero una parola. Una volta Elettra, incuriosita, chiese al suo avvicinò di cavalletto: " Che tipo. Ma chi sarà?" L'altro pittore rise e disse: "Ma Elettra è il ritrattista ufficiale del Presidente Carnot, è il famoso pittore Michel Perrycault." Elettra, riprendendo a dipingere scosse la testa e rispose "non lo conosco, ma anche a Firenze non lo conosce tutto." Alla fine però si conobbero e successe tutto come da copione, una frequentazione piena di argomenti ed un grande interesse reciproco. Elettra era molto diversa dalle ragazze della sua età e questo affascinava Michel.

Ezio Giovannozzi

(vetrata eseguita dall’officina De Matteis)

Si sposarono. Si sposarono ma a Firenze. A Michel piacquero molto i paesaggi toscani, l'arte del Rinascimento e la cucina. Tornarono a Parigi, Elettra che era diventata la Signora Perrycault, non andò più sulla Senna a dipingere, ma divenne la modella preferita di suo marito. Tutto andò sempre bene ma Elettra col tempo cominciò ad avere quello che lei chiamava "una febbriciattola" e nessun medico si seppe spiegare il perché. Elettra meditava che il clima di Parigi non facesse per lei. Quando il più grande medico di Parigi le disse: "Signora, lei deve vivere al mare, anche indossando una pelliccia" Elettra convinse Michel a costruire una villa a Forte dei Marmi in Toscana. Era il 1925. Il marito acquisto un vasto terreno prospicente al mare con un grande giardino pieno di palme. Arrivò da Parigi l'architetto La Fayette, amico di Michel, che vide la proprietà e ne tirò fuori un'architettura rinascimentale con una piccola torre ed un bel portico. Fece costruire anche una dépendance per una famiglia di casieri. Nel 1930, fu inaugurata. Sulla spiaggia, allora quasi deserta, c'erano delle grandi tende con divani pronti ad accogliere molti invitati eccellenti. La tenda di Elettra e la sua villa, erano frequentate da grandi personaggi dell'epoca: Enrico Fermi, Curzio Malaparte, lo scrittore Papini, professori famosi ed il giovanissimo Leo Longanesi. Elettra suonava al pianoforte a coda Chopin. suoi ospiti l'adoravano. Anche il piccolo Luca, figlio dei casieri, l'ammirava e appena poteva, doposcuola, gironzolava intorno a lei con il suo grembiulino a dadini bianchi e azzurri. Elettra lo addobbava mettendogli al collo molte sue collane di Ambra e di Corniole ma anche di legno, in testa un suo grande cappello di paglia di Firenze con una grande tesa. Tutti gli ospiti di Elettra, lo chiamavano invece Luchino, ed il piccolo ne andava orgoglioso. Fu sempre lui che una mattina andando a trovarla, come succedeva sovente, la trovò distesa per terra accanto al suo pianoforte a coda; indossava una delle sue tuniche di Gallenga. "Aiuto, Aiuto!" Corse via urlando, Luchino. Dopo un anno addolorato Michel volle vendere la villa e non sarebbe mai più tornato da quelle parti. Anni dopo quella casa diventò un albergo a cinque stelle. Il "Grand Hotel Parigi."